[estratto di un articolo di Massimiliano Salvo pubblicato su www.repubblica.it]
Dall’incredibile Salar, con i suoi colori estremi, all’Amazzonia. A 4mila metri e oltre.
Itinerario nel Paese più alto dell’Emisfero Australe. Un’esperienza che lascia il segno
Nuvolette spumose decorano un cielo blu come il mare, orizzonte di altipiani tormentati dal vento, vulcani, deserti di sale. La Bolivia è il paese più alto e remoto dell’emisfero australe, cuore del Sudamerica incastrato tra le Ande e l’Amazzonia.
Per metà è coperta dalla foresta tropicale ma è lassù tra le montagne, dove volteggiano i condor e il tempo modella i picchi rocciosi, che mostra la sua natura più estrema.
La porta del paese è Desaguadero, desolato punto di frontiera con il Perù a 3850 metri sul livello del mare. Una lunga fila di persone aspetta di attraversare il confine a piedi; La Paz, la capitale più alta del mondo, è a sole due ore. I grattacieli svettano in mezzo al canyon in cui è costruita, una distesa di edifici in mattoni si abbarbica sulle pareti rocciose che la circondano.
La Paz ha quasi un milione di abitanti ed è una città dall’atmosfera frizzante, con murales e venditori di popcorn a ogni angolo. Tra la folla spuntano le bombette delle cholitas, le donne quechua o aymara che vestono in modo tradizionale con gonne colorate e capelli raccolti in due trecce corvine.
Nel mercato della stregoneria i feti di lama essicati penzolano tra flauti di pan e berretti di lana d’alpaca. Sull’altopiano che la sovrasta, a 4000 metri, c’è El Alto: una città tentacolare e caotica da cui si gode una vista meravigliosa di La Paz e del monte Illimani (6402 m.).
Per raggiungere Uyuni e la Bolivia sudoccidentale gli autobus impiegano quasi dodici ore perché dopo Oruro la strada diventa sterrata. Uyuni è una cittadina con tanta polvere e niente asfalto, una sfida contro il deserto, il vento e il gelo.
L’unica attrazione è il “cimitero dei treni”, dove carcasse di locomotive e vagoni sono abbandonate da decenni nella sabbia, accanto alla ferrovia.
Da qui partono le escursioni per il Salar e le lagune. In tre giorni di fuoristrada si percorrono quasi mille chilometri tra le montagne: si pranza riparati dalla jeep per difendersi dal vento, si dorme in rifugi spartani ai bordi del mondo.
Il Salar de Uyuni è nato dal prosciugamento di un lago preistorico ed è la più grande distesa di sale sul pianeta: il terreno è candido, sagomato a esagoni, le rare volte che piove rispecchia il cielo e sembra di camminare sulle nuvole. In mezzo al deserto c’è l’Isla del Pescado, una collina coperta di cactus alti anche dieci metri da cui si domina un paesaggio accecante.
Il vento solleva mulinelli di sabbia, conche dalla terra grigio cemento si trasformano in pietraie color mattone, un attimo dopo le vigogne pascolano tra gli arbusti e la sabbia giallastra.
Le lagune compaiono come oasi del deserto, specchi d’acqua color pastello minacciati dalla mancanza di piogge. Nella Laguna Colorada, un lago rosso fuoco circondato da un alone bianco di borace, centinaia di fenicotteri zampettano nell’acqua alta qualche centimetro.
Cinquanta chilometri a sud, a 5000 metri d’altezza, c’è il Sol del Mañana, un’area geotermale con pozze di fango ribollente, geyser e fumarole infernali. Proprio al confine con il Cile ci sono la Laguna verde e il Vulcano Licancabur (5920).
Dal confine partono i collegamenti per San Pedro de Atacama, la prima città cilena.
Per arrivare a Copacabana sul Lago Titicaca – il lago navigabile più alto al mondo, a 3850 metri – bisogna passare da La Paz. Con due ore di barca si arriva all’Isla del Sol. Il cielo è azzurro intenso, il sole caldo; la popolazione vive coltivando i campi su terrazzamenti incaici, circondata da decine di rovine di precolombiane. L’isola era nota un tempo come “Titicaca”, la “Roccia del Puma”. Qui si è scritta la mitologia di un continente: una passato distrutto da conquiste e devastazioni, intrecciato con le fantasie e i ricordi di una civiltà senza libri.
Secondo le popolazioni che abitano queste montagne nel Titicaca nacquero la storia, l’uomo, la religione. Dalle acque del lago sorse Viracocha, divinità barbuta dei Tiwanaco e degli Inca, il “Maestro del mondo” Dio dell’impero del sole. Dal buio creò il cielo, la luna, le stelle, il Sole. E fu proprio il Sole a dare vita ai primi inca Manco Capac e la sorella sposa Mama Ocllo: avrebbero fondato una città e un tempio in suo onore, laddove la verga d’oro che tenevano in mano fosse sprofondata al lancio. Accade a Cuzco.
Gli Inca terrazzarono i monti, calcolarono le stelle ed eressero il Tempio: diventarono la civiltà sovrana delle Ande, prima di esser sterminati dagli spagnoli e affascinare il mondo per i secoli a venire.
Noi dell’AKAKOR possiamo solo confermare tutto ciò che è scritto, confermare l’aria di magia del Titicaca , la bellezza di La Paz, il rispetto per le comunità Andine, misticitò delle Ande e la bellezza di Uyuni.
Confermiamo il tutto a tal punto che tutte le spedizioni in terra di Bolivia (compresa quella di quest’anno) sono fatte in “punta di piedi”,portando rispetto e per non disturbare l’atavico alone di saggezza che questa nazione emana