Abbiamo organizzato uno stage a Stromboli in funzione delle prossime esperienze che ci vedranno impegnati in esplorazioni sistematiche dei tunnel lavici a Pantelleria, in collaborazione del geologo Fulvio Fonseca per realizzare uno studio dettagliato patrocinato dal Dipartimento di Scienze della Terra della Sapienza Università di Roma.

La scelta dell’isola siciliana è ovvia in quanto le condizioni morfologiche e geologiche sono assolutamente similari a quelle che incontreremo nelle prossime esperienze. Potremo testare apparecchiature e tecniche di rilievo in ambienti confinati unici al mondo.

Durante lo stage abbiamo simulato l’esplorazione e il campionamento di alcuni tunnel di lava inseriti in un imponente complesso vulcanico sottomarino che si eleva dal fondo del mare per circa 2000 metri. La nascita di questi vulcani è legata alla formazione di una vasta area distensiva nel Canale di Sicilia con andamento NO-SE. Questo fenomeno, attivo fin dall’inizio del Pliocene, ha comportato la formazione del rift del canale di Sicilia.

I dati sismici hanno permesso di ricostruire la morfologia dei fondali attorno all’isola, dalla batimetrica dei 20 metri fino a quella di 1300 metri. Sono stati utilizzati anche i dati batimetrici acquisiti recentemente, che ci hanno permesso di definire un piano didattico coerente alle nostre esigenze, inoltre abbiamo simulato il rilevamento Geologico di Campagna sia nella fascia costiera emersa sia nella parte sommersa prossima all’Isola, focalizzandosi nei settori NW e NE dell’Isola.

Sono stati esplorati i tunnel di lava attraverso tecniche tradizionali di speleo-subacquea, simulando la possibilità di svolgere in piena sicurezza uno stage di sricerca e esplorazione speleologiche subacquee.

Per poter procedere in sicurezza all’interno di queste cavità sommerse è stata posizionata l’estremità di un “filo d’Arianna” nell’ingresso principale. Questo filo è stato raccolto e rimosso una volta conclusa l’esplorazione delle cavità. Per effettuare il rilievo dei tunnel di lava sono stati utilizzati vari strumenti di misura, quali sagole e fettucce metriche. È stato anche utilizzato il “Personal Dive Sonar” tecnologia essenziale per questo tipo di esperienze, peraltro già testate nelle esplorazioni endoglaciali in Islanda.

Abbiamo ricevuto una straordinaria collaborazione da parte degli abitanti del luogo che hanno agevolato il nostro stage mettendo a disposizioni barche e personale di supporto.

Parte della strumentazione utilizzata per il rilevamento geologico nelle campagne di campionamento è stato testato in precedenti spedizioni, in particolare quelle realizzate nel lago Titicaca in Bolivia. Il rilevamento è stato condotto sia nel settore costiero dell’isola che nella zona sommersa di basso fondale in prossimità dell’Isola. Il mare attorno l’isola di Stromboli è considerabile un “laboratorio naturale”, meritevole di studi scientifici, anche di carattere sperimentale.

Lo stage ha permesso dimestichezza con tecniche di misurare, esplorazioni in cavità confinate e raccolte di campionature, riportate in superfice utilizzando palloni di sollevamento subacquei di piccole dimensioni.

Abbiamo testato anche l’utilizzo di sorbone subacquee ed apparati di comunicazione subacquea per permettere il collegamento tra subacquei e superfice.

Attraverso i dati batimetrici raccolti e le ispezioni dirette, è stato possibile osservare la presenza di un’estesa “frattura”

Si ipotizza che questa si sia formata a seguito del collasso del tetto di un tunnel di lava, mettendo in evidenza la parte interna del tunnel stesso. Questo tunnel di lava presumibilmente si estende oltre i 155 metri e ci sono evidenze che si sia formato in ambiente subaereo e non subacqueo, come invece si trova oggi.

Lo stage si è svolto contemplando le necessarie misure di sicurezza ed è sicuramente propedeutico alle prossime spedizioni.

La decisione di realizzare una spedizione in Bolivia e in Cile rappresenta una continuità del progetto Atahualpa, che ci ha permesso di ampliare le nostre esperienze multidisciplinari.

Questa breve relazione preliminare illustra le dinamiche esplorative sviluppate prima nel Salar di Uyuni, poi nei deserti di Atacama ed infine sulla sommità del vulcano Licancabur.

In tre settimane abbiamo affrontato varie difficoltà, percorso quasi 5000 chilometri e siamo passati dalle temperature torride dei deserti alle temperature glaciali registrate sulla sommità del vulcano Licancabur.



Abbiamo attraversato il Deserto di Salar di Uyuni e mappato le grotte in corallo scoperte cinque anni fa in aree remote con un potenziale immenso.

Tre obiettivi in contemporanea, nel corso dello stesso viaggio, per continuare l’esplorazione e la documentazione topografica delle cavità parzialmente esplorate nelle spedizioni precedenti, come la Cueva des Estrellas e la Cueva Coral

L’insidia principale sono state le temperature – che di giorno hanno raggiunto i 50°C al suolo! – e la completa assenza di acqua, che ci hanno obbligato a muoverci con una logistica medio leggera operando le ricognizioni di superficie durante le ore più “fresche” per poi esplorare le cavità al riparo dal sole atacameno.

Concludiamo questa prima parte della spedizione con un buon bottino, scoperte 4 nuove grotte con potenziale medio alto ed allacciato relazioni con un gruppo speleo che ha mostrato grande disponibilità a realizzare spedizioni congiunte.

La seconda parte ci vede impegnati nel salar di Uyuni, la più grande distesa salata del pianeta, regno surreale di miraggi con il suo paesaggio secco che riflette il cielo come se fosse uno specchio, un luogo inquietante e unico che vogliamo esplorare per valutare la possibilità di realizzare una grande spedizione speleologica con i nostri gli amici, le guide del parco nazionale di Torotoro, splendide persone con cui abbiamo già diviso un sacco di esperienze.

Il salar è maestoso e sotto la volta del cielo dell’altopiano boliviano, a più di 3600 metri di altitudine, ricopre un’area di 12000 chilometri quadrati. Dobbiamo utilizzare i GPS per la navigazione perché in alcuni momenti si perdono gli orizzonti.

Al centro del, si trova la Isla Incahuasi punteggiata di cactus: un’isola verde che offre un panorama a 360 gradi. Con una camminata di trenta minuti si raggiunge la cima e si può ammirare il panorama a tutto tondo, ci fermiamo un giorno ed allestiamo il campo base, nella notte i generatori ci permettono di caricare le batterie delle attrezzature speleo e dei droni che ci aiuteranno a sorvolare e documentare le aree circostanti Tupiza per trasferirci successivamente verso i geyser e le lagune Colorada e Verde.


L’area dove abbiamo svolto la seconda parte della spedizione è all’interno dei 70000 metri quadri della Reserva Nacional Fauna Andina Eduardo Avaroa.

Ci spostiamo successivamente nella regione di Los Lipez, area rocciosa dove documentiamo nei pressi di San Huan delle tombe di epoca precoloniale scavate nel corallo.

Ci trasferiamo infine a sud ovest del Salar tra i geyser del Sol de Mañana. Pozze di fango che ribolle, zampilli che schizzano verso il cielo, fumarole infernali e spruzzi di vapore a più di 4800 metri di altitudine. Viviamo un’esperienza intensa in una mattina gelida, ma che sarà presto ripagata quando, a fine giornata ci immergiamo nelle vasche naturali di acqua calda.

Nel frattempo abbiamo raggiunto le pendici del Licancabur terzo obiettivo della spedizione, sono oramai 8 giorni che siamo alla quota di circa 4500 metri sul livello del mare, e questo periodo ci aiuta nel processo di acclimatamento, fondamentale per affrontare le fatiche degli ultimi giorni.

Due giorni di preparazione per la salita alla cima del vulcano per poi scendere nel cratere ed immergersi nel laghetto centrale per la seconda volta al mondo,

Valutiamo con accuratezza le attrezzature da trasportare che sono molte e pesanti, e decidiamo come la volta precedente che solo un esploratore realizzerà l’immersione per documentare alcune strutture intraviste nel 2014. Rinunciamo ad utilizzare i droni, ci sono venti fortissimi e si rischia di perderli.



Partiamo all’alba e raggiungiamo la vetta dopo circa 7 ore, poi un paio di ore per creare un foro nella superficie ghiacciato dello specchio d’acqua che si trova al centro del cratere, la temperatura esterna e meno 20 gradi e quella dell’acqua raggiunge a malapena i 2 gradi.

Splendida e impegnativa immersione, peccato che la macchina fotografica congela e non funziona, quindi niente immagini del fondale.

30 minuti di immersione, rilevazioni topografiche delle strutture sommerse e poi veloci fuori a cambiarsi per iniziare la discesa, che dura circa 5 ore.

Rientriamo al rifugio a notte fonda con temperature polari e stanchezza estrema.


 

La spedizione Uyuni 2017 è terminata con successo, i dati raccolti ci permetteranno di approfondire teorie e fare delle pubblicazioni.

E’ confermato un grande potenziale, ed è auspicabile programmare una successiva spedizione.

PERU’ (ALLA RICERCA DI PAIKIKIN)


Dal lago Titicaca il gruppo è andato alla volta di Macchu Picchu, ultima città dell’Impero Inca, conosciuta da alcuni anche come Eldorado oppure Paititi. Grazie all’aiuto di caricatori locali gli esploratori si sono addentrati in una porzione di selva vergine verso la zona sud-est della regione, attraverso luoghi difficili.


Un po’ di storia: l’Impero Inca cominciò ad annettere porzioni della selva amazzonica a partire dal XIV secolo, col sesto imperatore Inka Roka, e questo dominio forestale fu chiamato Antisuyu (“Territorio orientale”), da cui derivò il nome delle Ande.
La massima espansione imperiale avvenne nella seconda metà del XV secolo, col decimo sovrano Tupaq Yupanki (1471-1493), e la porzione di selva prossima a Macchu Picchu, dove è stata costruita la città di Paikikin.


Quando i conquistatori spagnoli razziarono il dominio incaico, un gruppo di superstiti riuscì a fuggire nella selva per rifugiarsi a Paikikin, portando con loro un grande tesoro, costituito non solo da pietre e metalli preziosi, ma anche da importanti conoscenze di varie discipline quali medicina, metallurgia, agricoltura, architettura sacra, geologia, biologia, astronomia-astrologia e misticismo-magia. Col passare del tempo, la regione fu sostituita dalle nuove regioni in cui gli spagnoli suddivisero il Perù, ma il nome della stessa sopravvisse, infatti venne attribuito a Paikikin.


La spedizione ha individuato vari settori dal potenziale archeologico nel Santuario Nazionale del Megantoni, luoghi raggiungibili solo camminando per diverse decine di chilometri attraverso la selva alta.

Vista la natura pionieristica dell’esplorazione e per la mancanza di sponsor, il progetto poteva essere posticipato o annullato, ma abbiamo deciso anche in un contesto contenuto di personale (autofinanziati) di procedere con la spedizione.

Nonostante l’Altopiano sia il luogo che attualmente ha le maggiori probabilità di ospitare le vestigie del sito archeologico perduto, non si è purtroppo riusciti a trovarlo. C’è comunque l’intenzione di tornare sui luoghi, magari in collaborazione con altre Associazioni di Ricerca e esplorazione.

BOLIVIA (TIWANAKU E LAGO TITICACA)


Questa prima parte della spedizione ha coinvolto 3 esploratori Soraya Ayub, brasiliana, geologa e speleologa, Paolo Costa, italiano, speleologo ed esperto in comunicazione e Rossemary Vargas, boliviana specializzata in siti archeologici in regione Andine della Bolivia.
Il gruppo ha fatto alcune esplorazioni, utilizzando attrezzatura moderna come i droni per approfondire le conoscenze di queste civiltà precolombiane, ambito di studi dal lontano 1998.

Questa prima parte della spedizione ha coinvolto 3 esploratori Soraya Ayub, brasiliana, geologa e speleologa, Paolo Costa, italiano, speleologo ed esperto in comunicazione e Rossemary Vargas, boliviana specializzata in siti archeologici in regione Andine della Bolivia.
Il gruppo ha fatto alcune esplorazioni, utilizzando attrezzatura moderna come i droni per approfondire le conoscenze di queste civiltà precolombiane, ambito di studi dal lontano 1998.
Le missioni precedenti effettuate nel 2006, 2007 e 2008 hanno permesso di raccogliere numerose informazioni, in riferimento ad attrezzature da utilizzare, a metodi di ricerca ed tecniche esplorative da impiegare.
Con molte difficoltà a livello diplomatico e politico il team è riuscito a rifare l’esplorazione dei tunnel situati all’interno della piramide di Akapana ed a raccogliere un data-logger, lasciato nel 2008, strumento che permette l’immagazzinamento di dati riferiti all’ambiente interno del tunnel.


Una volta finite le esplorazioni alla Piramide di Akapana in Tiwanaku, il gruppo si è spostato sul Lago Titicaca, precisamente nell’area di “Chincana”, sito archeologico a nord dell’isola del Sole.


Molto conosciuta dai locali, i quali hanno informati i partecipanti dell’esistenza di una possibile rete di tunnel, simile a quelli di Akapana .

È stata riscontrata una possibile entrata di un tunnel ma purtroppo era completamente riempita da sedimenti. Il team sta cercando di organizzare un lavoro congiunto tra enti boliviani di ricerca e ambasciata d’Italia in Bolivia per iniziare un lavoro in questa zona.

Giovedì 23 maggio 2019, la Dr. Soraya Ayub sarà ospite della trasmissione radiofonica “It from Bit” condotta da Alberto Negri, amico di Akakor e fondatore dell’associazione “Spazio Tesla“.
Insieme alla Dr. Ayub, sarà presente la giornalista Syusy Blady, volto noto della televisione.

Si può seguire l’evento: tramite Facebook, via Web radio oppure sul Canale 900 del ricevitore Digitale Terreste